La settimana scorsa mi sono rifatto gli occhi, al cinema. Era da un po’ di tempo che non provavo l’emozione della sala buia, l’attesa per un film che sta per cominciare, la sigla della casa di produzione in Dolby surround.
Una pellicola, Cyrano di Joe Wright, che non ha deluso le mie aspettative: due ore di buona musica a commento di una bella fotografia, che fanno giustizia al val di Noto (la vera ragione per cui ho scelto questo film e non un altro).
Si tratta dell’ennesimo adattamento da Edmond Rostand, nel cui terzo atto Cyrano spiega a Roxane cos’è un bacio: “un apostrofo rosa fra le parole t’amo.” Da parte mia, così, avrei potuto fare un podcast sull’uso dell’apostrofo…
Qualche volta è il segno del troncamento, che è la caduta della parte finale di una parola, ma nell’Ottocento se ne faceva a meno. Infatti, nel libretto originale di Nabucco (1842) manca l’apostrofo nell’aria più celebre.
La grafia “Va’ pensiero” è però più diffusa oggi. Alla lirica di Giuseppe Verdi (e Temistocle Solera) è dedicata la più recente delle mie Pillole di italiano, pubblicata nell’anniversario della prima teatrale alla Scala di Milano.
È il canto accorato di un popolo che spinge il pensiero ad andare verso la terra natale, un’invocazione alla musica che infonda forza d’animo nel tormento della guerra, come risuona ancora dal coro dell’opera di Odessa.
Che non siano baci d’addio, ma di arrivederci.